Perchè gli automobilisti non vedono chi va in bici?

La risposta più semplice e superficiale, che ci siamo dati qualche volta in preda all’ansia di un incidente appena scampato, è “perché di noi se ne fregano, non ci rispettano!”.

Ma non è proprio così: bisogna riconoscere che la consapevolezza dei rischi che si corrono su due ruote sta crescendo, sia da parte di chi pedala ma anche sul fronte degli altri utenti della strada.
Certo, le eccezioni ci sono sempre! Non passa giornata senza che l’automobilista di turno ci svernici con passaggio radente, non ci dia la precedenza o ci tagli la strada appena dopo averci superati.
Ma sono eccezioni, appunto, perché nella maggior parte delle situazioni abbiamo assistito a un miglioramento del rapporto fra utenti “deboli” e “forti” e questo non può che fare piacere.

Cosa dice la scienza

Un recente studio australiano ha cercato di far luce sulle cause di questa nostra invisibilità e pare sia un fattore legato al cervello.
Semplificando molto, quando si guida un’auto o un mezzo pesante si è più concentrati sulle altre auto e sui veicoli più grandi piuttosto che sui più piccoli. E noi possiamo vestirci fluo e tappezzare la bici di luci e catarifrangenti ma avremo sempre la peggio.

Lo conferma una ricerca pubblicata sul Journal of Human Factors and Ergonomics Society: gli automobilisti spesso non vedono gli utenti della strada su due ruote, anche quando sono nel loro campo visivo.
“Quando guidiamo un’automobile, il nostro cervello deve fare i conti con un enorme afflusso di informazioni sensoriali. Non possiamo fare attenzione a tutto, perché questo causerebbe un sovraccarico cognitivo.” afferma Kristen Pammer della Australian National University, a capo della ricerca. “Il nostro cervello quindi deve decidere quali sono le informazioni importanti. La frequenza di incidenti in cui gli automobilisti guardano, ma non vedono, suggerisce una connessione con questo sistema di filtraggio delle informazioni”.

Gli esperimenti sulla visibilità delle due ruote

Nel primo esperimento gli automobilisti hanno dovuto seguire con gli specchietti una moto e un taxi durante il normale tragitto. Due terzi dei partecipanti al test, dopo qualche decina di minuti ha perso di vista la moto mentre solo un terzo ha perso di vista un taxi posizionato nella stessa zona.

Nella seconda simulazione di guida i partecipanti dovevano semplicemente guardare un’immagine presa dal punto di vista del guidatore e rispondere alle domande sull’immagine che avevano visto. Un’immagine mostrava, , un’auto che usciva dalla loro corsia e una moto o un taxi nella corsia opposta. Ad esempio, alla domanda se avessero notato qualcosa oltre all’auto in svolta, il 61% dei partecipanti ha dichiarato di non aver visto la moto rispetto al 31% che non ha visto il taxi.

Un dato molto simile che conferma cosa succede quando siamo in auto. Semplicemente ci sentiamo protetti e al sicuro, ci rilassiamo. I veicoli più piccoli non ci spaventano e dunque per il nostro cervello non sono un pericolo degno di attenzione. Se è così per la moto dell’esperimento lo è ancora di più per una bicicletta.

Qualcosa cambia se l’automobilista in questione è anche un motociclista (o lo è stato). In questo caso l’attenzione sarà data da un livello empatico, il cervello gli suggerisce di agevolare il centauro. Lo stesso avviene per i ciclisti.

Le cause degli incidenti

L’aspetto più preoccupante degli incidenti è il numero di quelli che in inglese vengono definiti “looked but failed to see”: ho guardato ma non ho visto che fa rima con “Scusa, non ti ho visto!” che ci siamo sentiti dire più volte dopo le nostre rimostranze verso una manovra avventata e pericolosa di un automobilista.

La spiegazione del fenomeno potrebbe sembrare semplicemente un problema di dimensioni e visibilità delle due ruote ma i ricercatori di scienze psicologiche dell’Australian National University di Camberra ritengono che la causa sia un concetto psicologico chiamato “cecità da disattenzione”.
Questo fenomeno è l’incapacità di una persona di vedere un oggetto, non a causa di disabilità visiva o esposizione troppo breve dell’immagine, ma per una semplice carenza di attenzione.
Se teniamo conto che in questi studi non sono stati considerati gli automobilisti distratti per l’utilizzo dello smartphone o del display dell’auto, è chiaro che la situazione appaia ancora più grave.

Il “set di attenzione”

Lo scienziato psicologico di Yale Steven Most e colleghi hanno suggerito in un articolo del 2005 che le persone costruiscono un “set di attenzione”, una serie di segnali su cui si concentrano principalmente e che è rilevante per un compito. I mezzi a due ruote, a quanto pare, non sono inclusi in questo set per molti automobilisti.
Tuttavia, Pammer e i suoi collaboratori suggeriscono che questo set potrebbe essere ampliato. Solo perché le persone non fanno attenzione a bici e moto non significa che non potrebbero farlo se le introducessero nel loro set di attenzione. E le campagne di sensibilizzazione in atto sono un primo passo in questa direzione.

Cosa fare alla guida di una bicicletta

Guidare un’auto è un compito molto impegnativo ed è lecito ritenere che i conducenti possano perdere alcuni aspetti dell’ambiente circostante quando prestano attenzione ai segnali più salienti sulla strada.
Per questo il lavoro più significativo per tutelarci nei nostri spostamenti nel traffico lo dobbiamo fare noi stessi!

La prima regola è non dare per scontato di essere stati visti. Certo, è fondamentale cercare lo sguardo dell’automobilista con cui potremmo incrociare la nostra traiettoria, ma spesso questo non basta: come abbiamo appena avuto conferma, talvolta ci guardano ma non ci vedono.
E allora dobbiamo cercare nei loro occhi dei segni di conferma, in assenza dei quali è meglio arrestarci anche se abbiamo la precedenza.

Non è facile, in una manciata di istanti in cui noi dobbiamo anche controllare il resto del traffico che ci gira attorno, pedalare, stare in equilibrio a bassa velocità, scegliere la strada giusta …

Questo è il motivo per cui molti ciclisti rinunciano all’utilizzo della bici nel traffico, perdendo così gli indubbi vantaggi antistress che le due ruote possono offrire a che le utilizza quotidianamente.

Ma questo è un argomento che affronteremo in un altro articolo!

Fonti
Pammer, K., Sabadas, S. e Lentern, S., 2017. Allocating attention to detect motorcycles: The role of inattentional blindness. Human Factors.

Cohen, MA, Alvarez, GA, e Nakayama, K., (2011). Natural-Scene Perception Requires Attention.

Most, SB, Scholl, BJ, Clifford, ER e Simons, DJ (2005). What you see is what you set: Sustained inattentional blindness and the capture of awareness.

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